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Norma “Anti-SuperLega” e il futuro del calcio. La perdita di identità delle nuove generazioni.

La FIGC ha appena introdotto una nuova norma che serve a contrastare la nascita di competizioni come la SuperLega.

Il presidente Gravina ha detto in conferenza stampa: “Chi ritiene di dover partecipare a una competizione non autorizzata da FIGC, UEFA e FIFA perde l’affiliazione. Al momento non abbiamo notizie di chi è rimasto e chi è uscito dalla Superlega, questa norma si riferisce alle licenze nazionali. E’ evidente che se al 21 giugno, data di scadenza delle domande di iscrizione, qualcuno dovesse voler partecipare a competizioni di natura privatistica, non prenderà parte al nostro campionato”.

Riprendendo quanto deciso della FIGC:

In ossequio di quanto stabilito dall’art. 1 comma 5 lettera C e dell’art. 2 comma 1 dello Statuto Federale, su proposta del presidente federale, è stato votato l’inserimento del testo che segue all’interno del sistema delle Licenze Nazionali, nonché la modifica dell’articolo 16. delle NOIF : “Ai fini della iscrizione al campionato la società si impegna a non partecipare a competizioni organizzate da associazioni private non riconosciute dalla FIFA, dalla UEFA e dalla FIGC. La partecipazione a competizioni organizzate da associazioni private non riconosciute dalla FIFA, dalla UEFA e dalla FIGC comporta la decadenza della affiliazione. La disputa di gare e tornei amichevoli non riconosciuti dalla FIGC è soggetta alla autorizzazione della federazione medesima. La disputa di gare e tornei amichevoli senza la autorizzazione della FIGC comporta la decadenza della affiliazione”.

In pratica entro il 21 giugno nessuna squadra dovrà far parte di una competizione non riconosciuta dalle federazioni internazionali e nazionali, pena l’esclusione dal campionato.

Rimane il fatto che il calcio va cambiato se si vuole mantenere l’interesse del pubblico. Il tempo passa e, sebbene il calcio sia al momento ancora lo sport più popolare, inizia a perdere colpi in termini di seguito.

Basti pensare che il 40% dei giovani non segue il calcio ed è per questo che, se si vuole continuare ad avere uno sport allettante, è necessario apportare dei cambiamenti e studiare una strategia futura.

Il presidente della Juventus Andrea Agnelli ha pensato ad una Super League per rinnovare il calcio, il presidente Gravina vorrebbe invece introdurre i playoff e i playout in Serie A.

Paradossalmente quindi entrambi sono sulla stessa linea, hanno identificato il problema, e vogliono trovare una soluzione. In diversi modi.

Io sono aperto a tutte le soluzioni, ma credo, come ho approfondito nell’articolo che vi metto alla fine di questo testo, che in realtà il problema non sia di formula, ma di educazione dei giovani.

Il problema non è il calcio, si tratta di uno sport bellissimo, bensì la partita di identità delle nuove generazioni.

I ragazzi crescono con i videogiochi e se in questi mezzi invece di essere l’amore per una squadra e il senso di appartenenza c’è una filosofia basata sull’appiattimento di valori e tutto si basa sul “paga per vincere” nessuna SuperLega e nessun playoff e non sei playout potranno salvare la morte del calcio giocato.

Gli eSports ad esempio sono una grande occasione per far avvicinare i giovani al calcio tradizionale e alle società, ma serve creare una narrativa.

Per questo spero che la Lega Serie A in futuro organizzi solo tornei di eSports con giocatori reali e spero che la stessa cosa la faccia anche la FIGC.

La FIGC sta facendo un ottimo lavoro nella valorizzazione degli eSports e proprio attraverso i videogiochi competitivi sta riprendendo molti giovani che magari prima snobbavano la Nazionale azzurra.

Ma non posso vedere una Fiorentina che gioca con un giocatore della Juventus o vedere la nazionale azzurra che gioca con Pelé, Mbappé e Zidane.

Bisogna agire lì, quello è il problema. Se i giovani crescono dai 10 ai 20 anni giocando con Mbappé e Neymar che non solo non sono giocatori italiani, ma nemmeno hanno mai giocato in Italia, come ci possiamo aspettare che si interessino a Belotti e Immobile?

L’esperienza di PES (Pro Evolution Soccer), dove le squadre sono fatte di giocatori reali, la reputo migliore.

Qui non ne faccio una questione “è meglio PES di FIFA”, bensì PES, FIFA o qualsiasi altro videogioco di calcio che arriverà in futuro (speriamo anche uno italiano) dovrà prevedere per competizioni come la eSerie A o eNazionale solo giocatori reali.

Invece di farsi schiacciare da un produttore di un videogioco, federazioni, leghe e club di calcio dovrebbero tornare a guidare il mondo del calcio.

In questo momento i videogiochi stanno plasmando milioni di giovani che saranno tra 10 anni adulti. Bisogna partire da lì.

Se le federazioni calcio non capiscono questo, il futuro non sarà più fatto da Juventus, Fiorentina, Bari, Salernitana, Manchester United, Leicester o Wolverhampton, Tor de Cenci e Spinaceto70, ma di altro.

Capito questo discorso allora possiamo parlare di SuperLega, che però dovrà mantenere meccanismi meritocratici, di playoff e playout. Questi ultimi francamente non mi piacciono. Vederli in Serie B e nelle leghe minori ha un certo fascino, ma per me il più forte è colui che dimostra per un intero campionato di essere il migliore, altrimenti diventa una coppa.

Però mi ripeto: inutile parlare di quali competizioni fare in futuro se i giovani nemmeno sanno chi siano Mancini, Pellegrini, Insigne della nostra Nazionale perché il loro videogioco li obbliga a schierare Neymar, Mbappé e Gullit.

Per rendere più chiaro il discorso guardate la formazione che ha schierato ieri uno dei giocatori di FIFA più forte al mondo, il 14enne tedesco Anders Vejrgang capace di fare oltre 400 vittorie consecutive:

Come potete vedere lui che è tedesco e che fa parte del Lipsia, anche se per la sua giovanissima età ancora non può competere in competizioni ufficiali, non ha nessun giocatore della sua nazione, ma nemmeno nessuno che giochi in Bundesliga.

Continuando così per lui non esisterà la Bundesliga, non esisterà una Germania, esisterà solo il giocatore più forte da comprare perché il videogame glielo impone e se si chiama Paperino, Superman, Batman o Vattelapesca sarà uguale. Uno vale l’altro.

Perdita di identità, perdita del senso di appartenenza, morte del calcio. E non solo.

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Giulio Giorgetti

Giulio Giorgetti è il fondatore e storico amministratore del sito QuoteScommesseCalcio.com dal 2008 e padre del Betting Exchange in Italia. Autore del libro Quote Scommesse Calcio, il più venduto sulle scommesse sportive. Creatore di Pronostico.it e della sua intelligenza artificiale. Noto per aver dimostrato di essere il miglior pronosticatore al mondo con l'87% di pronostici vincenti, adesso si dedica ad aiutare gli altri a raggiungere i suoi stessi traguardi.

11 commenti

  • Per non parlare della componente azzardo?
    Ogni volta che si compra con soldi veri un pacchetto non si sa che uscirà. Si crea una dipendenza. E il problema è che questo attaccamento all’azzardo e ai soldi viene indotto a ragazzi di 10 anni (o anche meno ) in su?
    Che senso ha normare il gioco legale e fare giocare solo maggiorenni se poi c’è una forma di azzardo che non è tutelata a dovere?
    Sapete che io dico le scommesse sono belle, ma è da fessi spendere più di 50 euro in un mese per questo divertimento. Bene, ci sono ragazzi che spendono centinaia per fare una squadra di un videogioco!
    Se stessimo parlando di adulti potrei dire: “ok, ognuno può fare quello che vuole”, ma qui invece parliamo di minorenni. La cosa è grave. Molto grave.

    • Concordo in pieno. Orami moltissimi giochi tra cui il piu famoso Fifa, ma posso citare anche giochi su cellulari, ti invogliano a spendere soldi reali per avere molti upgrade nel gioco e superare gli altri avversari. Questo è azzardo puro al 100%.

    • Sì, mettici poi che quando compri non sai cosa avrai. Si tratta di una sorta di “slot”

  • Secondo me basterebbe far giocare i ragazzi con le rose reali nei videogame e tanti problemi non ci sarebbero più 🙂

    Di sicuro la famiglia è importante, ma se il media principale che si utilizza ti porta a dire giorno dopo giorno in sequenza:
    1) “Non conta la squadra”
    2) “Non conta chi sei, conta chi hai”
    3) “Compra il giocatore più forte”
    4) “Fai tutto quello che ti diciamo così avrai una rosa più forte”
    per poi arrivare addirittura:
    5) “Spara a tutti”
    beh alla fine è anche normale capire che ci sia gente che ha perso di vista il punto. Anzi, se sono parliamo di giovani, il punto non lo hanno mai conosciuto.
    Diventa una sorta di radicalizzazione religiosa dei giovani: li prendi da piccoli, gli dici che il loro obiettivo nella vita è fare più soldi per avere giocatori più forti e vincere le partite. Punto. Storia triste.
    La famiglia serve, certo, ma la famiglia è anche chi dice che certi meccanismi non va bene e cerca di risolvere il problema alla radice.
    Che senso ha spendere ogni anno 60-100 euro per un gioco, poi comprare estensioni per centinaia o migliaia di euro? E poi il prossimo anno sono azzerati e riparti da zero?

  • Concordo con quanto sostenuto da divincodino e zioflair, il problema è alle fondamenta, l’ allontanamento degli adolescenti dal calcio giocato è soltanto la punta dell’ iceberg, un iceberg enorme che ha genesi educativa e valoriale. Le varie soluzioni proposte dai vertici istituzionali mi sembrano “pezze” per rimediare a qualcosa di ineludibile, un pò come tentare di aggiustare una macchina con il motore guasto cambiandogli le ruote.
    Ma sul tema (complessissimo) ho già argomentato ampiamente sotto altri articoli per cui non mi ripeto. Concludo solo dicendo che la mia visione sul punto è leopardiana e fatalista, nel senso che in questa fase di ultra-liberismo, di iper-narcisismo, di tecnocrazia, di volatilità valoriale e di dominio tecnologico la deriva che sta investendo lo sport giocato come l’abbiamo sempre conosciuto è inevitabile e difficilmente correggibile.

  • Il tema è sempre delicato. Mi lascia pensare il fatto che Governi, Istituzioni varie siano immediatamente corse ai ripari, blindando ogni sorta di fuga. Però sono cose più grandi del mio pensiero, non mi ci addentro troppo.
    La soluzione al tutto ( e qui la penso come divincodino ) , parte dal basso: educazione, famiglia, campetti, scuola. E poi mettiamoci serenamente la realtà virtuale, purchè non prenda il sopravvento rispetto al mondo vissuto.
    Il calcio è sicuramente un’industria che muove altissimi capitali; penso che parte di essi, su base volontaria o coercitiva ( tassa… ) debbano essere investiti nelle periferie, nelle filiere, dove nascono i giocatori di domani.
    Probabilmente ” l’industria calcio ” produce costi troppo alti, che andrebbero limati. Quarant’anni fa, in una piccola città come la mia, di 12.000 persone, c’erano 3 squadre dilettantistiche, tutte iscritte ai vari campionati. Oggi, le squadre di 5 paesini del circondario, per sopravvivere, devono costituire un’unica compagine.
    Credo che per coscienza , il tutto vada rivisto da li.
    E’ inutile cercare acqua su Marte, se non riusciamo a dissetare la Terra…..

  • Il punto è che se non si educano i giovani e comprendere come funziona il calcio reale valorizzandone club, leghe e federazioni, tra 20 anni non avremo più calcio in tv perché sarà ritenuto uno sport minore e sarà mangiato dagli eSports.

  • Notizia appena pubblicata: anche il Napoli entra nel mondo degli eSports e sceglie PES: https://esportsitalia.com/il-napoli-sbarca-negli-esports-accordo-con-konami-per-efootball-pes-a-partire-dalla-stagione-2021-2022/

    Questo mi sembra in linea con il mio ragionamento, PES utilizza i giocatori reali. De Laurentiis probabilmente ha fatto il mio stesso ragionamento quando ha fatto questa mossa. Tra l’altro anche Juventus, Roma, Lazio hanno scelto PES come videogioco ufficiale.

    • Gli adulti devono proprio cambiare atteggiamento, esattamente cambiare il modo in cui educano i giovani: saró tradizionalista, ma la veritá è che noi siamo cresciuti sbucciandoci le ginocchia nei campetti in cemento, non con un cellulare in mano a 5 anni.

    • Giulio, anche su questo, cioè l’iscrizione del Napoli, tua previsione avverata: poco tempo fa, su mia domanda sull’assenza del Napoli, dicesti che ci sarebbe stata l’iscrizione in vista del prox campionato. Ovviamente De Laur., avendo fatto un suo cavallo di battaglia l’acquisizione dei diritti di immagine dei suoi calciatori, ha scelto il videogioco con giocatori reali.

    • Non me lo ricordavo nemmeno di averlo detto qui, ma si era logico. Le prendo tutte! 😀
      Grazie per avermelo ricordato 😉

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